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Angiocardioscintigrafia

Tecnica di indagine diagnostica del cuore ("cardio") e di alcuni vasi sanguigni ("angio"), che si avvale dell'introduzione nel corpo di alcuni isotopi radioattivi ("scintigrafia"). Gli isotopi radioattivi sono sostanze che emettono radiazioni. Essi sono captati (catturati) selettivamente dall'organo del corpo che si vuole studiare. Le radiazioni emesse sono rilevate da appositi strumenti che, seguendo il percorso della sostanza radioattiva, consentono di analizzare la struttura e la funzione dell'organo in indagine. L'angiocardioscintigrafia detta "di primo transito" rileva le radiazioni emesse dal materiale radioattivo (radiofarmaco) che attraversa le cavità (atrio e ventricolo) di destra del cuore, l'arteria polmonare ed i suoi rami, i capillari polmonari, le cavità di sinistra del cuore e le zone dell'apparato circolatorio vicine all'aorta. L'esame non richiede una particolare preparazione. Non è necessario il digiuno. Il radiofarmaco è iniettato in una vena dell'avambraccio in piccola quantità (meno di 1 ml). Lo strumento fornisce immagini in circa 30-40 secondi. L'angiocardioscintigrafia detta "all'equilibrio" (GATED), invece, è particolarmente utile per lo studio dei ventricoli. In questo caso è necessario attendere che il radiofarmaco si distribuisca uniformemente ("equilibrio") nel sangue; infatti, esso va a legarsi ai globuli rossi. Si esegue un semplice prelievo di pochi ml di sangue, che è trattato con il radiofarmaco ("marcato") e reinserito nell'organismo per via endovenosa. Anche in questo caso l'esame non richiede una particolare preparazione del paziente, né il digiuno. Lo strumento è collegato ad un computer che fornisce un tracciato ed una visualizzazione su un monitor che forniscono informazioni circa eventuali anomalie funzionali. Entrambe le tecniche solitamente non producono effetti collaterali: l'angiocardioscintigrafia è ben tollerata da pazienti di tutte le età. Rarissime sono le manifestazioni allergiche al radiofarmaco, che, tra l'altro, a differenza dei mezzi di contrasto (sostanze che rendono "visibili" ai raggi X organi che, altrimenti, non lo sarebbero) comunemente utilizzati in radiologia, non influenza la funzionalità renale. La non invasività e la bassa dose di materiale radioattivo utilizzato, inoltre, rendono l'indagine ripetibile, se necessario, entro breve tempo.
 



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